lunedì 21 aprile 2014

Cuba: basta monologo e soliloquio. E' tempo di lavoro per tutti

Una riflessione presa da Convivencia Revista socio-cultural di Pinar del Rio, da me tradotta,  in cui ho trovato degli spunti veramente interessanti.

La realtà cubana: guardare dalla finestra o decidere di salire sul palco
di Juan Carlos Fernández Hernández

Fin dalla tenera età, il teatro mi ha conquistato. L'interazione raggiunta tra artista e pubblico è qualcosa che né cinema né televisione non potranno mai raggiungere.
Chi sta lassù è una persona in carne ed ossa e ci rappresenta nel suo dramma.
Il teatro per me è la rappresentazione in uno spazio minimalista dei grandi conflitti umani. 
Ho sempre amato le opere che contengono molti personaggi, perché in loro, credo, si possono identificare le persone nella loro vera essenza.
Tuttavia, il testo non esaurisce l'evento teatrale, bisogna considerare pure il mimo, il linguaggio del corpo, la danza, la musica e anche tutta la scenografia.
Nulla è statico e rigido, questo è il fascino del teatro, il lavoro può sempre cambiare.
Ogni personaggio inoltre  è una parte dell'essenza; per quanto piccolo il suo ruolo è importante per la riuscita teatrale.

Il monologo
Ma c'è nel dramma teatrale, un genere di più difficile comprensione che è il monologo. 
Vedere una persona che riflette, portando avanti i suoi pensieri, le sue idee ed emozioni è, a mio avviso, più vicino alla vita di ogni essere umano. Le nostre azioni come un monologo ed una introspezione nascono dalla nostra individualità, siamo soli con esse, ma abbiamo la possibilità di condividerle con gli altri. Questo è il punto centrale, l’aspetto  che salva il declamare solista: considerare l’altro, farlo partecipe delle gioie, dolori, idee, ecc.

Soliloquio
Questo può peggiorare quando il monologo diventa soliloquio. Come nel precedente l’artista parla con se stesso però con la grande differenza che non si cura della comunicazione con il pubblico.  L'attore non è interessato ad essere ascoltato fino al punto di non ritenere importante se quello che dice riscuote o no  interesse. Il soliloquio è estremamente egocentrico e inclusivo, non pensa degli altri, solo a se stesso. 
Il mondo, sia fisico che emotivo e spirituale, ha un solo componente: il protagonista del soliloquio.

La nostra realtà cubana: superare la pagina di monologo noioso ed dell’egoista soliloquio per  arrivare all’inserimento di tutti
Presto il nostro paese compirà cinquantacinque anni di rivoluzione! Anni di un monologo che è diventato un troppo lungo soliloquio.
Come si può recitare la stessa farsa per mezzo secolo?!  Indipendentemente che in questa  opera, che per inciso non è il teatro, ma la vita reale di milioni di cubani, tutti noi vogliamo e abbiamo il diritto di essere protagonisti .
In un paese non arriva la prosperità , la sostenibilità e il bene di tutti con un unico discorso. 
A questo proposito i vescovi cattolici cubani ci hanno ricordato nella recente lettera pastorale : «La speranza non delude ". 
In essa, tra le altre cose, hanno detto che " il modo migliore per raggiungerla sta nel prendere in considerazione gli interessi legittimi di ogni gruppo umano o di una regione che costituiscono la nostra società".
E' trascorso più di mezzo secolo e rimane una sola opera in cartellone "ufficiale", con un solo protagonista che trasmuta in persone diverse che attraversano lo stesso parlamento. Quindi ciò che conta è la realtà: tutti dicono lo stesso per se stessi, manifestano proclami per “riempire la coppa”, non volendo vedere che ci sono altri, già in molti, che chiedono e sperano e cercano il loro spazio per esprimere la propria interpretazione.
Ma per il bene di Cuba, altri attori , grazie a Dio, non hanno aspettato che si tolga ciò che appartiene di diritto a loro e, con tutte le limitazioni, censure e repressioni, sono stati piccoli, ma importanti spazi nello scenario cubano esponendo i loro progetti e le opere.
Per amare non c’è bisogno di chiedere il permesso. 
La lettera pastorale dei Vescovi lo riconosce per la prima volta in mezzo secolo (punto 31 e 32)
Questo dimostra che Cuba è diversa in ogni modo e che nella nostra società c'è una creatività incessante.
Piaccia o no, queste opere, molte delle quali di piccolo formato, sono apprezzate da più persone ogni volta. Sono opere inclusive che cercano con tutti i mezzi, di mantenere e valorizzare una costante interazione con il loro pubblico attraverso il ragionamento, la polemica e il dialogo. Quindi il cast cresce ogni  giorno. 
A poco a poco  in molti stanno perdendo la "paura del palcoscenico" e si spingono fino a diventare protagonisti della propria storia e quella della nazione.
Per parafrasare l'amato Giovanni Paolo II, durante la sua visita in terra cubana si può esprimere così il suo pensiero: "Ognuno con i suo  talenti e invitando gli altri è chiamato all’opera che si desidera realizzare. Tutti possono contribuire".
Il Santo Padre Francesco durante la sua recente visita in Brasile così si è espresso: 
"Quando i leader di diversi settori mi chiedono consiglio, la mia risposta è sempre la stessa: dialogo, dialogo , dialogo. Questo è l'unico modo con cui una persona, una famiglia , una società , possa crescere; l’unica maniera per far avanzare la vita delle persone è la cultura dell’incontro, una cultura in cui tutti hanno qualcosa di buono da apportare, e chiunque può ottenere qualcosa di buono in cambio ".

Oggi più che mai abbiamo bisogno di interiorizzare e attuare questo saggio consiglio. 
Il monologo e soliloquio hanno il loro posto nel teatro con la fatale caratteristica di essere univoci.
La libertà, l'inclusione, il rispetto, la tolleranza, la diversità, il cambiamento: sono queste le opere che Cuba necessità .
Questo è il significato dell’opera di gruppo comunitaria e personalista dove nessuno rimane solo e, nello stesso tempo, si dissolve nella massa. Al contrario si cresce molto di più quando ciascuno trova il suo ruolo.



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